Il dietro le quinte della costruzione dell’esperienza inedita di Furiose Interazioni
Elisa Silva, Annalisa Mombelli
Il progetto “Furiose Interazioni” oltre ad essere stato un importante banco di prova per tanti nuovi approcci di progettazione e applicazione delle tecnologie in ambito umanistico, rappresenta anche un ottimo caso di studio per riflettere sul delicato rapporto tra ideazione e implementazione in progetti di innovazione di questo tipo.
Con l’obiettivo di creare un atelier digitale innovativo per far apprezzare l’Orlando Furioso ai giovani, Furiose rappresenta un progetto di digital humanities fuori dagli schemi di RE:LAB. La sua natura interdisciplinare ha richiesto una stretta collaborazione tra un comitato scientifico di esperti e un team tecnico dedicato alla grafica, modellazione, progettazione e implementazione delle tecnologie coinvolte. Il cuore del progetto risiede nel dialogo tra il lato culturale-teorico, focalizzato sulla trasmissione autentica del significato dell’opera, e il lato tecnico, concentrato sulla strutturazione dell’apparato digitale per creare un contesto interattivo in cui i contenuti prendono vita.
A pochi giorni dalla sua inaugurazione è interessante dunque ripercorrere il percorso ideativo, creativo e implementativo del progetto – durato quasi due anni – ricordando tutte quelle volte in cui la parte teorica e quella tecnica si sono trovate a confrontarsi, scontrarsi, sforzarsi di capirsi e infine influenzarsi a vicenda.
Quante volte la teoria ha dettato le regole per l’implementazione, considerando le peculiarità del testo e la sua trasformazione digitale? E quante volte è stata la parte tecnica a ispirare la teoria, portando a soluzioni innovative basate sulle specifiche limitazioni delle tecnologie utilizzate? La teoria ha plasmato l’aspetto tecnico o sono state le sfide implementative a plasmare adattamenti continui dell’opera? Oltre al dualismo tra teoria e tecnica, possiamo forse parlare di un “compromesso vincente”, una reciproca stimolazione che ha consentito di catturare il meglio di entrambi i mondi?
Da una parte, certo, la complessità intrinseca dell’opera e la dichiarata volontà da parte degli ideatori di perseguire un approccio progettuale filologico nella rielaborazione dei contenuti e della forma originale del Furioso ha posto un’asticella molto alta per le tecnologie, che hanno dovuto compiere uno sforzo adattativo per restituire, con mezzi nuovi, un contenuto di altissimo livello artistico.
Nella Stazione 1 – Le audaci imprese, alcuni momenti chiave dell’Orlando Furioso prendono vita attraverso video animati creati con materiali storici e immagini d’archivio. Questo progetto attinge a un ricco corpus iconografico ottenuto da approfondite ricerche condotte da esperti di storia della letteratura e tradizione artistica, esplorando archivi, collezioni, mostre ed edizioni illustrate dell’opera. Il risultato è un patrimonio visivo unico, distante dal consueto ambito grafico, che ha influenzato significativamente sia il prodotto finale che il processo stesso di creazione dei video. Le sfide legate alla rielaborazione e al riutilizzo di questo prezioso, ma allo stesso tempo complesso e insolito, materiale hanno avuto un impatto duraturo sulla realizzazione complessiva del progetto.
Le immagini utilizzate provengono da fonti antiche, spesso non digitalizzate e reperibili solo in libri o incisioni, caratterizzate da diversità stilistica ed epoche storiche. Questo rappresenta una sfida, specialmente per la creazione di video narrativi che devono raccontare l’intero sviluppo di una storia, diversamente dal focus delle opere d’arte che si concentrano sull’apice della narrazione. Il processo grafico ha seguito un approccio di decomposizione, ripetizione e micro-animazione delle immagini. In altre parole, singole immagini sono state suddivise in più piani, ritagliate per il soggetto o l’elemento necessario alla narrazione, animate a mano e reimpiegate per più volte all’interno di uno stesso video.
Il prodotto finale consiste in video animati in 2D che si discostano notevolmente dai tradizionali contenuti per bambini. Queste animazioni narrano storie in pochi minuti attraverso un collage di immagini eterogenee: alcune in bianco e nero, altre a colori, che mescolano illustrazioni del XVI secolo con incisioni dell’Ottocento, presentando il medesimo personaggio in ritratti di artisti rinomati o nelle illustrazioni di Doré. Questo collage animato, unendo le migliori rappresentazioni iconografiche dell’Orlando Furioso attraverso le epoche, è considerato dagli esperti una parte altrettanto significativa del testo nella sua trasmissione nel corso dei secoli e nell’immaginario collettivo. Grazie alla creatività della parte tecnica, guidata dalla ricerca filologica, la digitalizzazione di episodi chiave del poema ha conferito alle immagini non solo una nuova forma, ma soprattutto una nuova vita, offrendo un modo innovativo di vivere l’originale storia.
In alcune occasioni, è stata la parte tecnica stessa a influenzare e orientare la creatività artistica e teorica in nuove direzioni. Un esempio tangibile è rappresentato dalla Stazione 3 – Il viaggio sulla Luna, un’esperienza in Realtà Virtuale completamente sviluppata da RE:LAB attraverso la modellazione 3D. Questa stazione racconta il momento cruciale dell’intero poema di Ariosto, ovvero la missione di Astolfo sulla Luna per recuperare il senno di Orlando, perduto per amore. La creazione di un episodio di tale portata interamente in 3D è paragonabile alla produzione di un autentico cortometraggio. Se si fosse optato per un’animazione fedele all’intreccio del poema, ciò avrebbe comportato una spesa considerevole in termini di tempo e risorse. Pertanto, sono stati i requisiti tecnici a indirizzare gli aspetti teorici verso una rielaborazione del contenuto testuale dell’episodio. Questo non è stato un vincolo, ma piuttosto una ri-formulazione, un adattamento del testo in nuove forme, mantenendo al contempo coerenza e, forse, ritrovando elementi già presenti nell’opera originale.
È nato così un dialogo prolungato e attivo tra le due parti, dove si è dovuto affrontare le sfide tecniche, come l’impossibilità di creare scene troppo estese sull’Oculus, la difficoltà di distinguere i personaggi dal punto di vista interno e il limite di fruizione del prodotto che, dopo circa 7/8 minuti, può causare nausea. D’altra parte, si è dovuto considerare l’autenticità del testo, delle sue rappresentazioni tradizionali e dei suoi simboli. Vorremmo quindi rassicurare chiunque in ufficio ci abbia sentiti discutere animatamente su dettagli come l’incisione di nomi arabi su un albero virtuale, la scelta del modello con le zampe di leone per l’ippogrifo, l’importanza di rappresentare Orlando nudo e la sfida legata ai suoi capelli (che hanno costituito circa il 50% delle difficoltà del progetto): non eravamo impazziti né in preda a un brutto burnout. Stavamo, piuttosto, cercando di trovare il giusto compromesso tra fattibilità tecnica e il linguaggio del poema – un linguaggio che non si limita alle parole, ma abbraccia anche segni, metafore e allegorie, da rispettare e rendere significative anche in un ambiente digitale.
Grazie a queste intense riunioni “furiose”, è emersa la soluzione per la Stazione 3: suddividere l’intero episodio in 7 animazioni, dei “diorami” che fungono da feedback sulla storia della follia di Orlando. Questi diorami si presentano come visioni offerte ad Astolfo, il paladino incaricato della missione, rappresentando frame visivi della storia. Ogni scena, della durata di circa 1 minuto, visualizza un singolo momento della narrazione, catturando l’ambiente e i personaggi in movimento con un’unica animazione, rallentata e, allo stesso tempo, amplificata in modo epico, quasi come in un sogno. Nel frattempo, la voce di Ariosto, narratore delle scene, procede su un tempo più veloce, spiegando il contesto dell’episodio nella storia e raccontando ciò che circonda la scena, anche se non è presente direttamente, sotto forma di circostanza, ragione causale o risultato. L’effetto risultante è quello di un sogno, simile a quadri scenici degli affreschi o delle illustrazioni, in cui viene rappresentato solo l’acme dell’azione, ma da quel momento è possibile cogliere l’intera essenza della narrazione.
Il tempo narrativo e quello dell’animazione si fondono quando l’utente, ossia Astolfo, intraprende un viaggio sulla Luna a cavallo dell’ippogrifo. Dopo lo sbarco lunare, l’utente assume un ruolo attivo, esplorando liberamente l’ambiente lunare alla ricerca dell’ampolla contenente il senno di Orlando. Questa necessità tecnica ha presentato sfide significative per la parte artistico-teorica, specialmente nella creazione della sceneggiatura. È stato fondamentale trovare il punto di vista giusto, mescolando le voci di Ariosto (voce narrante), Orlando (protagonista delle scene sempre visibile) e Astolfo (protagonista dell’azione e corrispondente al punto di vista dell’utente). La sceneggiatura ha dovuto descrivere e rendere comprensibile ciò che non poteva essere mostrato nelle scene, spiegandolo in modo conciso e adatto a un pubblico infantile entro i limiti di sette minuti, prima dell’insorgere della nausea con l’Oculus.
In entrambi gli esempi, che si tratti dell’influenza reciproca tra tecnologia e umanistica o di una sinergia immediata tra le due, è interessante notare come, affrontando temi al di fuori della “comfort zone”, entrambe le discipline abbiano saputo scoprire risorse e strategie latenti nel loro stesso funzionamento.
È una lezione preziosa per la progettazione e oltre: la necessità di confrontarsi con ciò che è “altro” per scoprire nuove forme già presenti e pronte a emergere.
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